Innanzi tutto ringrazio per la solerte risposta.
Mi aspetto che chi è preposto a questo compito come sua attività principale , suppongo remunerata, lo faccia quantomeno con dovizia di argomenti.
So tra l’altro benissimo che chi fa attività “politiche” o di “rappresentanza” si trovi spesso esposto a giudizi da “capro espiatorio”, soprattutto su questioni delicate come questa. Anche il più capace e caparbio Benjamin Malaussène era ben remunerato per questo!
Io non ho scopi di lucro, nè devo giustificare il mio verbale accanimento sulla questione con la ragione del mestiere. Quindi, e ve ne do atto, parto avvantaggiato.
Corro (quando i miei turni in fabbrica ed i miei ripetuti infortuni me lo permettono) per passione, ed è proprio da questa che traggo lo spirito combattivo ed indignato sulla diatriba in atto.
A volte ignorante dei regolamenti, ma ben consapevole dei naturali principi di libertà che la costituzione in primis ci consente, forse, di avere in questo Paese.
C’è un punto sostanziale sul quale continuo a “fare il sordo” e a non (voler?) capire, a dispetto degli articoli citati o le ragioni addotte . Quindi ribadisco:“ Una Federazione sportiva, può benissimo scegliere di non riconoscere un certo tipo di gare e di non garantirne una copertura assicurativa, ma non dovrebbe MAI, sentirsi autorizzata a proibire ad un proprio tesserato di potervi partecipare!”
Va da se che chi come me è affiliato Fidal (e non solo…) è in regola con le norme mediche del caso, e che gli atleti ed i presidenti di società, siano ben consci delle implicazioni medico giuridiche che questo implica.
Va altrettanto da se che chi corre una gara senza “Marchio Fidal” non possa in alcun modo rivalersi sulla Federazione o su qualsiasi altro ente se non quello organizzatore, nell’eventualità che questo non offra tutte le assicurazioni del caso .
E’ impressione comune che la Fidal (Piemonte nella fattispecie), sia spinta in questo accanimento con “atti dovuti” da ragioni economiche. Le gare uisp sono state negli ultimi anni sempre più frequentate dai podisti piemontesi, arrecando indubbiamente danno alla federazione.
Dal canto mio non posso che ribadire che quello che mi spinge a sceglier una gara piuttosto che un’altra non è “il marchio” che vi leggo esposto. Le mie scelte sono date dall’amenità dei percorsi, dallo spirito che le guida e dalla garanzia che tutto si svolga secondo le normali regole di sana competizione sportiva; accertandomi semplicemente che l’ente organizzatore sia in regola con la copertura assicurativa. Se ciò non fosse comunque corro a mio personale rischio e pericolo.
Con queste “beghe” di natura puramente “politico/economiche” state facendo morire, non solo le gare (impedendo tramite i presidenti di società di parteciparvi), ma la passione sportiva! Che dovrebbe essere innata anche in chi stipula regolamenti e convenzioni, senza porre in essa ragioni di natura economica.
Saluti
Guido Chiara (de-ferito)