domenica 14 dicembre 2008

L'ospite Inatteso

In queste  serate invernali piovose e fredde  ritorno spesso alla mia passione di celluloide. E vi consiglio spassionatamente la visione di questa pellicola.
Pubblico la recensione di Flilm Tv perchè collima esattamente con le sensazioni che ho provato io nel vedere questo film. Il binomio protagonista, maratoneta e quanto di più azzeccato per un post su questo blog!

Ecco il film che tutti dovrebbero andare a vedere durante questi giorni di preparazione natalizia. Una commedia dolce e amara che ti entra dentro e ti cambia. Straordinaria performance di Richard Jenkins

Ci sono film così adrenalinici che si dimenticano dopo pochi giorni. E altri apparentemente immobili, ma che ti lavorano dentro. Come i maratoneti che vengono fuori al traguardo, sulla lunga distanza. L’ospite inatteso (The Visitor è il più polisemico e quindi appropriato titolo originale) fa parte del secondo gruppo. Walter Vale è un professore universitario specializzato in globalizzazione e politiche del Terzo mondo. Vedovo, appiattito su una triste routine, arriva a New York per un convegno e trova nel suo appartamento una coppia di immigrati irregolari: Tarek, un musicista siriano di tamburo, e Zainab, la sua timida fidanzata senegalese. Li accoglie e si affeziona a Tarek, che lo fa rivivere facendogli scoprire la musica di Fela Kuti. Finché il servizio immigrazione non lo arresta. La madre del ragazzo, Mouna, si presenta con pudore a casa di Walter; insieme cercano di evitarne l’espulsione. La seconda regia dell’attore e sceneggiatore Thomas McCarthy (del 2005 il suo esordio, Station Agent), ha il pregio di definire particolari, atmosfere, psicologie e ambienti. Di far emergere l’umanità dei personaggi stritolati dal sistema. Walter è ospite di un’America che non riconosce più come sua, tenuta in scacco com’è dalle paure terroristiche del post 11 settembre (non a caso l’unica bandiera nazionale sfuma in dissolvenza); Tarek ha lasciato la sua patria a causa della guerra, mentre quella adottiva lo respinge per non aver risposto a un modulo ufficiale spedito per posta. Richard Jenkins, noto caratterista di cinema e Tv (da Potere assoluto e L’uomo che non c’era a Six Feet Under), è il vero maratoneta del film: approccio minimalista e rivelazione graduale di sé. Il suo personaggio è lo specchio di un paese che ha perso la capacità di accogliere l’altro, ma forse non del tutto l’energia e la fiducia nel domani. Misurato, realista, volutamente dimesso, il film cerca di guardare con gli occhi di chi è straniero: ecco perché la scena sul battello, quando Mouna e Walter osservano dal mare la statua della Libertà, si fissa nella memoria.


di Raffaella Giancristofaro

1 commento:

Anonimo ha detto...

Sembra un film tosto, ma sicuramente da vedere! Ciaoooooo